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Marco Michelini | 21 Ottobre 2020

Linea Biografica

 

Autore fecondissimo e scrittore popolare di straordinaria fortuna le cui opere conobbero un larghissimo successo, testimoniato dalle numerose riedizioni e dalle traduzioni in spagnolo, inglese, tedesco, latino, Garzoni nacque a Bagnacavallo in Romagna nel 1549, da Pietro e Altabella Lunardi, famiglia discretamente agiata in grado di provvedere all’educazione dei figli, e fu battezzato col nome di Ottaviano. Ricevuta la prima educazione nella città natale, dimostrò ben presto doti non comuni d’ingegno e di memoria e una precoce vocazione letteraria, se già a dieci anni il piccolo Ottaviano componeva un poemetto cavalleresco in ottava rima sulle «battagliole de’ putti». Nel 1564 viene inviato all’Università di Ferrara per studiare diritto, ma preferisce dopo qualche tempo trasferirsi all’Università di Siena per affiancare agli studi di diritto quelli di logica e di filosofia e approfondire la conoscenza della lingua toscana. Dopo un soggiorno di circa tre anni a Siena, in Garzoni maturò la decisione d’intraprendere la carriera ecclesiastica e nel 1566 entrò a far parte dei Canonici regolari lateranensi, vestendo l’abito nell’abbazia di S. Maria in Porto di Ravenna e mutando il nome in Tomaso.

Sebbene fosse ancora molto giovane, Garzoni ottenne incarichi di lettore della sacra scrittura e di predicatore, e a ciò furono probabilmente dovuti i suoi spostamenti in diverse città italiane. Sembra tuttavia che il Garzoni non si fosse chiuso nelle dimensioni culturali proprie dell’esponente di un ordine religioso, ma che – apparentemente – mantenesse un tessuto di rapporti non convenzionali con tutta una serie di intellettuali laici del suo tempo, alcuni dei quali si muovevano su posizioni religiose non propriamente aderenti all’ortodossia della controriforma. A seguito di questa mescolanza fra l’adesione plateale all’ortodossia controriformata e la prudente dissimulazione di letture e conoscenze che tali certamente non sono, l’opera del Garzoni appare molto spesso contraddittoria, anche perché con la sua tecnica spregiudicata egli spesso trattava ciò che è ortodosso e conforme alla morale come scusa per occuparsi del suo opposto.

Rimane il fatto, comunque, che pur attendendo ai doveri del suo ufficio ecclesiastico, il Garzoni continuò a dedicarsi con fervore agli studi, accumulando un’erudizione immensa, e alla stesura delle sue opere. Nel 1588 venne nominato membro dell’Accademia degli Informi di Ravenna e pubblicò a Venezia in tre volumi le opere di Hugues de Saint-Victor[1]. Nominato nel marzo del 1589 lettore delle Sacre Scritture nella chiesa parrocchiale di Bagnacavallo, Garzoni si stabilì nella città natale dove la morte lo colse prematuramente, ad appena quarant’anni, nel giugno dello stesso anno. Il fratello Bartolomeo, anch’egli canonico lateranense, curò l’edizione postuma di diverse sue opere.

 

Le opere

 

Le opere principali del Garzoni formano un vastissimo repertorio in cui i diversi aspetti della natura umana, i comportamenti, le attività, i mestieri, le professioni, gli usi e i costumi degli uomini sono passati in rassegna, descritti e classificati spesso bizzarramente, con l’intendimento di offrire un inventario esaustivo dell’uomo e del mondo, e di dimostrarne nello stesso tempo la limitatezza, la vanità, l’illusorietà. Soffocate da una pesante erudizione e da un moralismo rigidamente controriformistico le pagine del Garzoni rivelano tuttavia un genuino talento di scrittore popo-lare, che sa trovare momenti felici di resa espressiva e di vivacità narrativa nella fitta aneddotica che occupa le sue opere, animati da un gusto spiccato per gli effetti comici e grotteschi, per il bizzarro e il paradossale e sostenuti da un’abile tecnica stilistica. L’opera del Garzoni si svolge nell’ambito dell’esperienza manieristica dalla quale riprende alcuni temi, primo fra tutti quello del «gran teatro del mondo», e gli strumenti retorici e stilistici, tuttavia la sua adesione alla sensibilità e alla temperie spirituale del manierismo è del tutto superficiale e limitata e si rivela sostanzialmente estranea alla sua formazione religiosa e alla sua visione del mondo pienamente controriformistica.

Garzoni inizia a pubblicare le sue opere negli ultimi anni di vita a partire dal 1583 quando pubblica a Venezia Il teatro de’ vari e diversi cervelli mondani, nel quale elenca e classifica in specie e sottospecie i diversi tipi d’intelligenza («cervelli, cervellini, cervelluzzi, cervelietti, cervelloni, cervellazzi») e i caratteri che ad essi corrispondono, con lo scopo di biasimare le intelligenze mediocri e di esaltare quelle migliori sulla scorta di una nutrita serie di esempi e di aneddoti che hanno per protagonisti personaggi mitologici, storici o contemporanei spesso ritratti con toni grotteschi e caricaturali. Nel 1584 pubblica sempre a Venezia La piazza universale di tutte le professioni del mondo, la sua opera più famosa, che costituisce un repertorio enciclopedico vastissimo di tutte le arti, professioni e mestieri nel quale è profusa un’imponente erudizione, che fornisce un’eccezionale quantità d’informazioni sulla storia sociale del Cinquecento, arricchita da innumerevoli curiosità e aneddoti.

Nel 1586 esce a Ferrara L’ospidale de’ pazzi incurabili, che è un piccolo trattato, alquanto agile e spigliato, sulla pazzia, articolato in trenta discorsi, ciascuno dei quali descrive un tipo particolare di pazzia di cui sono forniti vari esempi tratti sia dal mondo classico, sia dal mondo contemporaneo. La pazzia, che costituisce uno dei temi più suggestivi e fecondi della cultura cinquecentesca da Erasmo ad Ariosto, a Doni, è considerata dal Garzoni esclusivamente come turbamento dell’equilibrio mentale dell’uomo che lo induce a esasperare le passioni e a superare la misura del lecito e del conveniente.

Dello stesso anno sono Le vite delle donne illustri della Scrittura Sacra con l’aggiunta delle donne oscure e laide dell’uno e dell’altro Testamento. Lo stesso anno della morte pubblica la Sinagoga degli ignoranti (Venezia 1589) un trattato particolarmente enfatico e gravemente moralistico sull’ignoranza e gli ignoranti. Postumi usciranno II mirabile cornucopia consolatorio (Bologna 1601), un breve encomio diretto a consolare un personaggio che la gente bolla come cornuto, ma in realtà volto paradossalmente al suo dileggio e alla sua mortificazione, e Il serraglio degli stupori del mondo (Venezia 1613), un trattato ponderoso sulla magia e l’alchimia.

 

*** NOTE AL TESTO ***

 

[1] Hugues de Saint-Victor, o Ugo di San Vittore (Ducato di Sassonia, 1096 circa – Parigi, 11 febbraio 1141), teologo, filosofo, fu tra i principali teorici della filosofia scolastica agostiniana e i suoi studi offrirono numerosi appoggi alla successiva scuola di Tommaso d’Aquino. Studiò nella scuola dell’abbazia di San Pancrazio a Hamersleben e verso i vent’anni si trasferì a Parigi, entrando nell’Abbazia di San Vittore verso il 1116, allievo del priore Tommaso, e assumendo l’insegnamento verso il 1125. La sua fama nel medioevo fu molto vasta, sia per la sua sapienza, che per le sue esperienze mistiche, che erano un coronamento di tale sapere. Nel concistoro del dicembre del 1139 papa Innocenzo II lo creò cardinale vescovo di Frascati.


La versione stampabile dell’articolo è scaricabile da qui: «APPUNTI DI LETTERATURA ITALIANA: IL CINQUECENTO»

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