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Marco Michelini | 14 Maggio 2012

XVI. SENECA LUCILIO SUO SALUTEM

[1] Liquere hoc tibi, Lucili, scio, neminem posse beate vivere, ne tolerabiliter quidem, sine sapientiae studio, et beatam vitam perfecta sapientia effici, ceterum tolerabilem etiam inchoata. Sed hoc quod liquet firmandum et altius cotidiana meditatione figendum est: plus operis est in eo ut proposita custodias quam ut honesta proponas. Perseverandum est et assiduo studio robur addendum, donec bona mens sit quod bona voluntas est.

[2] Itaque – non opus est – tibi apud me pluribus verbis aut affirmatione tam longa: intellego multum te profecisse. Quae scribis unde veniant scio; non sunt ficta nec colorata. Dicam tamen quid sentiam: iam de te spem habeo, nondum fiduciam. Tu quoque idem facias volo: non est quod tibi cito et facile credas. Excute te et varie scrutare et observa; illud ante omnia vide, utrum in philosophia an in ipsa vita profeceris.

[3] Non est philosophia populare artificium nec ostentationi paratum; non in verbis sed in rebus est. Nec in hoc adhibetur, ut cum aliqua oblectatione consumatur dies, ut dematur otio nausia: animum format et fabricat, vitam disponit, actiones regit, agenda et omittenda demonstrat, sedet ad gubernaculum et per ancipitia fluctuantium derigit cursum. Sine hac nemo intrepide potest vivere, nemo secure; innumerabilia accidunt singulis horis quae consilium exigant, quod ab hac petendum est.

[4] Dicet aliquis, ‘quid mihi prodest philosophia, si fatum est? quid prodest, si deus rector est? quid prodest, si casus imperat? Nam et mutari certa non possunt et nihil praeparari potest adversus incerta, sed aut consilium meum occupavit deus decrevitque quid facerem, aut consilio meo nihil fortuna permittit.’

[5] Quidquid est ex his, Lucili, vel si omnia haec sunt, philosophandum est; sive nos inexorabili lege fata constringunt, sive arbiter deus universi cuncta disposuit, sive casus res humanas sine ordine impellit et iactat, philosophia nos tueri debet. Haec adhortabitur ut deo libenter pareamus, ut fortunae contumaciter; haec docebit ut deum sequaris, feras casum.

[6] Sed non est nunc in hanc disputationem transeundum, quid sit iuris nostri si providentia in imperio est, aut si fatorum series illigatos trahit, aut si repentina ac subita dominantur: illo nunc revertor, ut te moneam et exhorter ne patiaris impetum animi tui delabi et refrigescere. Contine illum et constitue, ut habitus animi fiat quod est impetus.

[7] Iam ab initio, si te bene novi, circumspicies quid haec epistula munusculi attulerit: excute illam, et invenies. Non est quod mireris animum meum: adhuc de alieno liberalis sum. Quare autem alienum dixi ? quidquid bene dictum est ab ullo meum est. Istuc quoque ab Epicuro dictum est: ‘si ad naturam vives, numquam eris pauper; si ad opiniones, numquam eris dives’.

[8] Exiguum natura desiderat, opinio immensum. Congeratur in te quidquid multi locupletes possederant; ultra privatum pecuniae modum fortuna te provehat, auro tegat, purpura vestiat, eo deliciarum opumque perducat ut terram marmoribus abscondas; non tantum habere tibi liceat sed calcare divitias; accedant statuae et picturae et quidquid ars ulla luxuriae elaboravit: maiora cupere ab his disces.

[9] Naturalia desideria finita sunt: ex falsa opinione nascentia ubi desinant non habent; nullus enim terminus falso est. Via eunti aliquid extremum est: error immensus est. Retrahe ergo te a vanis, et cum voles scire quod petes, utrum naturalem habeat an caecam cupiditatem, considera num possit alicubi consistere: si longe progresso semper aliquid longius restat, scito id naturale non esse. Vale.


 

Caro Lucilio, ti è chiaro – ne sono certo – che nessuno può vivere felicemente e neppure in maniera tollerabile senza l’amore della saggezza: una perfetta saggezza rende felice la vita, ma tollerabile la rende anche una saggezza imperfetta. Questo concetto, anche se è evidente, deve tuttavia essere rafforzato e scolpito nel profondo con una riflessione quotidiana: mantenere i propositi fatti richiede più impegno che concepire onesti propositi. Bisogna perseverare e rinvigorire il nostro spirito con una assidua applicazione, finché la tendenza al bene diventi saggezza.

Perciò con me non hai bisogno di molti discorsi o di lunghe assicurazioni formali: so che hai fatto notevoli progressi. Conosco la provenienza di ciò che scrivi; non fingi, né ingigantisci le cose. Ti dirò tuttavia il mio pensiero: nutro in te grandi speranze, ma non ho ancora completa fiducia. Voglio che anche tu faccia lo stesso: non confidare in te subito e con facilità. Scruta, fruga ed esamina a fondo te stesso; considera innanzi tutto se hai fatto progressi nella filosofia oppure nella tua stessa vita.

La filosofia non è un’arte che cerca il favore popolare e non è fatta per essere ostentata; non consiste nelle parole, ma nei fatti. Di essa non ci si vale per far trascorrere piacevolmente le giornate, per eliminare il disgusto che viene dall’ozio: educa e forma l’animo, regola la vita, governa le azioni, mostra ciò che si deve o non si deve fare, siede al timone e dirige la rotta attraverso i pericoli di un mare agitato. Senza di lei nessuno può vivere tranquillo e sicuro; in ogni momento si presentano innumerevoli circostanze che esigono una direttiva, e questa bisogna cercarla nella filosofia.

Qualcuno dirà: “A che mi giova la filosofia, se esiste il fato? A che, se c’è un dio che ci governa? A che, se il caso detta legge? Non si possono mutare gli eventi prestabiliti, né difendersi contro quelli incerti, ma o un dio è padrone delle mie decisioni e ha stabilito che cosa devo fare, o la sorte non mi concede nessuna decisione.”

Qualunque di queste forze esista, anche se esistono tutte, caro Lucilio, bisogna dedicarsi alla filosofia; sia che il destino ci vincoli con la sua legge inesorabile, sia che un dio, arbitro dell’universo, abbia disposto ogni cosa, sia che il caso sospinga e muova disordinatamente le vicende umane, deve proteggerci la filosofia. Ci esorterà a obbedire di buon grado a dio, e con fierezza alla sorte; ci insegnerà a seguire la volontà di dio, a sopportare il caso.

Ma non è questo il momento di discutere, quale sia il potere umano, se regna la provvidenza, o se ci vincola e ci trascina l’alternarsi delle vicende volute dal destino, o se dominano eventi impensati e improvvisi: io torno a raccomandarti e ti esorto a non lasciare che lo slancio del tuo spirito cali e perda vigore. Disciplinalo e rafforzalo, così che il tuo impulso al bene diventi un modo di essere.

Subito, appena avrai in mano la lettera, se ben ti conosco, andrai a vedere quale piccolo dono ti porta: scorrila con attenzione e lo troverai. Non stupirti della mia generosità: ancora una volta ti faccio dono di un pensiero altrui. Ma perché ho detto altrui? Ogni concetto buono espresso da qualcuno, è mio. Anche questa è una massima di Epicuro: “Se vivrai secondo natura, non sarai mai povero; se vivrai secondo le opinioni non sarai mai ricco”.

La natura ha poche esigenze, le opinioni moltissime. Si concentrino pure nelle tue mani le ricchezze di molti; la sorte ti dia più denaro di quanto ne possiede normalmente un privato, ti ricopra d’oro, ti vesta di porpora, ti conceda tanto lusso e magnificenza da poter ricoprire di marmo la terra e ti sia possibile non solo avere ricchezze, ma calpestarle; si aggiungano statue, dipinti e tutto ciò che le varie arti hanno creato per la soddisfazione della lussuria; da questi beni imparerai solo a desiderare sempre di più.

I desideri naturali hanno limiti ben definiti, quelli nati da una falsa opinione non ne hanno: il falso non ha confini. Chi percorre una strada ha una mèta: l’andare errando, invece, non ha mai fine. Allontanati, dunque, dalle vanità e quando vuoi sapere se ciò cui aspiri corrisponde a un desiderio cieco o naturale, considera se ha un termine; se dopo un lungo cammino rimane sempre una mèta più avanzata, sappi che non è un desiderio naturale. Stammi bene.

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