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Ho già parlato in un precedente articolo di come e perché l’insegnamento del latino sia scomparso dalla scuola media dell’obbligo. Ho spiegato anche che – per l’ignavia di alcuni insegnanti – l’analisi logica vine oggi molto trascurata e questo comporta che molti studenti, dovendosi confrontare con il latino facciano parecchia fatica. A tale proposito, nel succitato articolo, avevo messo a disposizione un manualetto scaricabile in formato pdf. Oggi, a seguito anche delle richieste di alcuni amici che hanno figli al liceo, ho deciso di pubblicare (in modo da renderlo più visibile) il manualetto in questione, che rimane sempre e comunque scaricabile in formato pdf da qui.

1 – Proposizione.

È l’espressione, per mezzo di parole, di un nostro pensiero che abbia senso compiuto.
Elementi essenziali di una proposizione: soggetto e predicato.
Elementi accessori: attributo, apposizione, complementi.
La proposizione è: principale, se contiene il pensiero più importante del pe­riodo e può reggersi da sola; secondaria, se non ha senso compiuto e non può reggersi senza la principale. Es.: I nemici si ritirarono (prop. principale), quando videro giungere rinforzi (prop. secondaria).

2 – Soggetto.

Risponde alla domanda: chi? che cosa?
È la persona, l’animale o la cosa che fa l’azione (se il verbo che fa da predicato è attivo) o la subisce (se il verbo che fa da predicato è passivo), o a cui si attri­buisce una qualità o una condizione. Es.: Il sarto cuce. – II carro è trascinato dai buoi L’alpino è fiero.
È rappresentato da un sostantivo o da qualsiasi altra parte del discorso usata in funzione di sostantivo. Può fare da soggetto anche un’intera proposizione, che perciò si dice soggettiva.
Es.: Sembra che tu abbia studiato. È bene che voi partiate (Vedi n. 42).
Il soggetto può essere preceduto dalla preposizione «di» articolata (del, detta, ecc.) con senso partitivo. Es.: Mi fu portato del pane (Vedi n. 21).
IN LATINO va in caso nominativo. Es.: L’allodola canta = alauda cantat.

3 – Predicato.

«Predica» cioè dice, afferma, mette in evidenza ciò che si vuol far sapere del soggetto. È verbale o nominale.
Verbale: quando è costituito da un verbo di senso compiuto. Es.: La pecora bela.
Nominale
: quando è formato da una voce del verbo essere (chiamata cò­pula), unita a un aggettivo o a un sostantivo o a qualunque parola usata come sostantivo (nome del predicato). Es.: I ragazzi (soggetto) erano (cò­pula) stanchi (nome del predicato). – L’Italia (sogg.) è (cop.) una pe­nisola (nome del predic.). – Lodare (sogg.) è (cop.) un verbo (nome del predic.).

È predicato verbale anche il verbo essere usato da solo nel significato di «esistere», «stare», «trovarsi». Es.: Paolo era (= stava) nel giardino.
I verbi servili (potere, volere, dovere, incominciare, cessare, solere, ecc.), quando si fa l’analisi logica, si considerano parte del predicato. Es.: Voi (sogg.) volete studiare (pred. verb.). – Tu (sogg.) devi essere (copula) onesto (pred. nom.).
IN LATINO il nome del predicato, se aggettivo, concorda col soggetto in genere, numero e caso; se sostantivo concorda sempre nel caso; nel genere e nel numero se possibile. Es. La rosa è rossa = rosa rubra est. -Tullio è la mia delizia = Tullius deliciae meae est.
Bisogna saper distinguere il predicato nominale dal predicativo del soggetto; occorre pertanto studiare le norme relative a quest’ultimo (Vedi n. 35).

4 – Proposizioni ellittiche.

Ellissi è l’omissione, in un discorso, di una o più parole facili a sottinten­dersi; la proposizione in cui c’è un’ellissi si dice ellittica.
Spesso quello che  manca è il soggetto di una proposizione, come nei se­guenti casi:
1) quando esso è inerente a un verbo. Es.: Leggevano;
2) quando, pur mancando, lo si intuisce facilmente. Es.: I fanciulli gridarono, ma non furono uditi da nessuno;
3)  in espressioni impersonali. Es.: Si va in campagna;
4)  con verbi che esprimono fenomeni atmosferici. Es.: Nevica.
Anche il predicato può essere omesso. Es.: Lo dici tu, ma io no.
Talvolta è omesso sia il soggetto, sia il predicato. Es.: «Hai visto Antonio?» «».
IN LATINO, normalmente come in italiano, qualsiasi parte del discorso può essere omessa se il senso dell’espressione non muta o non è ambiguo.

5 – Complemento di specificazione.

Risponde alla domanda: di chi? di che cosa?

È rappresentato da un sostantivo che specifica, o determina, o restringe il concetto del nome da cui dipende.

IN LATINO va in caso genitivo. Es.: La lingua è spesso causa di discordie = lingua saepe causa discordiarum est.

6 – Complemento di termine.

Risponde alla domanda: a chi? a che cosa?

Indica la persona, l’animale o la cosa su cui termina l’azione espressa dal verbo o l’idea dell’aggettivo o del sostantivo da cui dipende.

IN LATINO va in caso dativo. Es.: Il ragno tende insidie alla mosca = aranèa muscae insidias parat. – La viola è cara alla fanciulla = viòla est cara puellae.

7 – Complemento oggetto.

Indica la persona, l’animale o la cosa su cui cade, senza tramite di preposizione, l’azione espressa da un verbo transitivo attivo. Es.: Il contadino ara la terra.

Può essere rappresentato da qualsiasi parte del discorso. Es.: Rispondi un schietto.

Può fare da complemento oggetto anche un verbo all’infinito retto dalle preposi­zioni «di, a» (Es.: Temeva di morire. Penso a studiare) oppure un’intera proposizione, che è detta oggettiva (Vedi n. 42). Es.: So che è partito.

Alcuni verbi possono reggere un complemento oggetto costituito da un nome che ha la stessa radice dei verbi stessi; questo è il cosidetto complemento del­l’oggetto interno. Es.: Visse una vita onesta.

Il complemento oggetto può essere preceduto dalla preposizione «di» articolata, con senso partitivo. Es.: Dammi del (= un po’ di) pane (Vedi n. 21).

IN LATINO va in caso accusativo. Es.: Il ragno prende le mosche = aranèa muscas captat.

8 – Complemento di vocazione.

Indica la persona, l’animale o la cosa personificata a cui rivolgiamo il discorso. È preceduto, o no, dalla particella «o».

IN LATINO va in caso vocativo. Es.: O auriga, sprona i cavalli = auriga, equos excita.

9 – Complemento di mezzo o strumento.

Risponde alla domanda: per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? con che cosa ?

Indica la persona, l’animale o la cosa mediante cui si compie l’azione.

È preceduto dalle preposizioni «con, per, di, a», oppure da «mediante, per mezzo, per opera di…».

IN LATINO va in ablativo semplice se è rappresentato da animale o cosa, in accusativo con «per» se trattasi di persona. Es.: Uccido con la spada = gladio neco. – Mando per mezzo di uno schiavo = per servum mitto.

10 – Complemento di causa.

Risponde alla domanda : perché ? per qual causa ?

Indica il motivo per cui si agisce o avviene un fatto.

È introdotto dalle preposizioni «per, di, da» o da «a causa di…, per motivo di…».

IN LATINO va in ablativo semplice, oppure con «ob» o «propter» e l’ac­cusativo. Es.: Per la sua superbia era odioso a tutti = Superbia sua (opp.: propter superbiam suam) omnibus erat invisus.

11 – Complemento di modo o di maniera.

Risponde alla domanda : come ? in che modo ?

Indica in quale maniera si compie l’azione espressa dal verbo.

È preceduto dalle preposizioni «con, di, a, in, per».

IN LATINO va in ablativo preceduto da «cum»; se c’è un attributo, il cum si interpone o si omette. Es.: Ti aspetto con timore = te cum timore exspecto. – Ascoltammo gli ambasciatori in grande silenzio = magno (cum) silentio legatos audivimus.

Può essere costituito, in italiano e in latino, da un avverbio.

12 – Complemento di compagnia e di unione.

Risponde alla domanda: con chi? con che cosa?

Indica la persona o l’animale insieme con cui si compie o si riceve l’azione espressa dal verbo.

Se, anziché di persona o animale, si tratta di cosa, il complemento si chiama di unione.

È preceduto dalla preposizione «con» oppure dalle locuzioni «insieme con, assieme a, in compagnia di, in unione a».

IN LATINO si traduce con «cum» e l’ablativo. Es.: Passeggia col padre = cum patre deambulat. – Viene con una spada = cum gladio venit.

13 – Attributo o complemento attributivo.

È un aggettivo che si unisce ad un sostantivo per meglio determinarlo.

IN LATINO concorda in genere, numero e caso col sostantivo a cui si riferisce. Es.: C’era un agricoltore timido = erat timidus agricola (masch.). – C’è un olmo alto = est ulmus (femm.) alta. Era una guerra giusta = bellum (n.) iustum erat.

14 – Apposizione o complemento appositivo.

È un sostantivo, solo o accompagnato da attributi, che si unisce a un altro sostantivo per qualificarlo meglio. Es.: II filosofo Sacrate non scrisse nulla. -Catone il Censore fu uomo rigidissimo. – Adone, giovane bellissimo, fu amato da Venere.

IN LATINO l’apposizione concorda col nome cui si riferisce, sempre nel caso; nel genere e numero se è possibile. Es.: Verrà Tullio, mia delizia = Tullius (nom. masch. sing.), deliciae (nom. femm. plur.) meae, veniet.

15 – Attributi e apposizione di forma particolare.

L’attributo e l’apposizione (come anche il predicativo del soggetto e il predicativo dell’oggetto: Vedi n. 35 e n. 36) in italiano sono qualche volta prece­duti da preposizioni o da locuzioni come : «a, da, per, in, come, in qua­lità di, a guisa di» ecc.; in tale caso richiedono una particolare attenzione perché possono essere confusi con altri complementi.

IN LATINO queste preposizioni e locuzioni non si traducono, qualora si pos­sano omettere anche in italiano. Es.: Marco da piccolo ( = Marco piccolo) era timido = Marcus parvulus timidus erat. – Lucio come tribuno ( = Lu­cio tribuno) fu severo = Lucius tribunus severus fuit.

Ma se in italiano, sopprimendo queste preposizioni, o locuzioni, il concetto muta, oppure l’espressione non si regge, si tratta di un altro complemento. Es.: Mio zio mi tratta come un figlio: come non si può sopprimere e in latino si traduce con tamquam ; «come un figlio» non è apposizione, ma è com­plemento di paragone.

16 – Complemento di denominazione.

Determina con un nome proprio un sostantivo di significato generico, come città, isola, penisola, provincia, municipio, monte, mese, nome, cognome, soprannome, a cui è unito per mezzo della preposizione di.

IN LATINO va nello stesso caso del nome da cui dipende, come un’apposi­zione. Infatti, togliendo la preposizione di, il senso non cambia. (Invece nel complemento di specificazione, togliendo di, muta il senso della frase). Es.: La città di Roma = urbs Roma.

17 – Complemento di stato in luogo.

Risponde alla domanda: dove? in che luogo?

Indica il luogo vero o figurato dove si trova o agisce una persona, un animale, una cosa, o nel quale avviene un fatto, un’azione.

Dipende da verbi o da sostantivi che esprimono idea di quiete, come: stare, essere, rimanere; domicilio, sede.

È preceduto dalle preposizioni: «in, a, sopra, dentro», ecc.

IN LATINO si traduce con «in» e l’ablativo. Es.: Siamo in Italia = in Italia sumus.

18 – Complemento di moto a luogo.

Risponde alla domanda: dove ? verso qual luogo ? Indica il luogo verso il quale si compie un movimento.

Dipende da verbi o da sostantivi che esprimono un movimento a, come : andare, venire, partire; andata, partenza, arrivo.

È preceduto dalle preposizioni : «a, in, per, verso», ecc.

IN LATINO si traduce con «in» (ingresso) o con «ad» (avvicinamento) e l’ac­cusativo. Es.: Vengo in città = in urbem venio.

19 – Complemento di moto da luogo.

Risponde alla domanda : da dove? da qual luogo?

Indica il luogo da cui parte un movimento.

Dipende da verbi o da sostantivi che esprimono movimento da, come: partire, uscire, ritornare; fuga, partenza, uscita.

È preceduto dalle preposizioni «da, di».

IN LATINO si traduce con una delle preposizioni «a, ab, e, ex, de» e l’abla­tivo. Es.: Vengo dalla città = ex urbe venio.

20 – Complemento di moto per luogo.

Risponde alla domanda: per dove? per quale luogo?

Indica il luogo attraverso il quale si compie il movimento, il passaggio. Dipende da verbi o sostantivi indicanti passaggio. È preceduto dalle preposizioni «per, attraverso».

IN LATINO si traduce con «per» e l’accusativo. Es.: Passò per le Alpi = per Alpes transiit. – Tuttavia, i nomi con cui si indica il mezzo per il quale avviene il passaggio, come: ponte, porta, valico, via, guado, sentiero, si tra­ducono in ablativo semplice. Es.: Entrò per la porta Capuana = porta Capuana intravit.

21 – Valore partitivo.

Come già si è detto relativamente al soggetto (Vedi n. 2) e al complemento oggetto (Vedi n. 7), anche altri complementi possono essere preceduti dalla preposizioni «di » articolata che ha il significato di alcuni, un po’ di e dà quindi l’idea di indeterminazione o di partitivo. Es.: È venuto con degli amici (compl. di compagnia). – L’ho lavato con dell’acqua (compl. di mezzo). – Ha agito per dei giusti motivi (compl. di causa).

22 – Articolo.

In latino l’articolo sia determinativo, sia indeterminativo, non esiste; perciò la rosa, una rosa, rosa si rendono in latino: rosa. Parimenti, traducendo dal latino, ad esempio, il nom. plur. rosae, bisogna scegliere l’espressione che sta meglio in italiano fra le seguenti: le rose, delle rose (con valore partitivo), rose.

23 – Pronomi personali.

In latino, come in italiano, i pronomi personali e dimostrativi usati al nominativo sono generalmente sottintesi ; si esprimono però per rendere più efficace e più chiara l’espressione. Ecco l’elenco dei più comuni : ego = io; tu = tu; ille = egli; illa = essa, ella; illud = ciò; nos = noi; vos = voi; illi = essi; illae = esse; illa = quelle cose.

24 – Costruzione diretta e inversa.

Nella proposizione italiana, generalmente, il verbo è preceduto dal soggetto e seguito dai complementi; questa costruzione si chiama diretta; in latino invece, poiché le desinenze indicano chiaramente la funzione logica di ogni vocabolo, l’ordine delle parole è molto più libero. Ad esempio, nella proposizione italiana : «la fanciulla ama la maestra», se mutiamo l’ordine dei vocaboli (ad es.: «la maestra ama la fanciulla»), il senso cambia ; in latino in­vece potremo dire indifferentemente : «puella magistram amat», «magistram puella amat», ecc. Nella costruzione più comunemente usata (costruzione inversa) in principio della proposizione si mette il soggetto; in fine il verbo, preceduto dall’avverbio; in mezzo i complementi. In questo modo sono messi in risalto i due elementi essenziali della proposizione: il soggetto (in prin­cipio), il predicato (in fine).

Il complemento di specificazione precede spesso il sostantivo da cui dipende. Es.: Minerva era la dea detta sapienza = Minerva sapientiae dea erat.

Traducendo dal latino, si deve pertanto fare prima la costruzione diretta dei vocaboli; traducendo in latino, è bene abituarsi fino dai primi esercizi a scrivere le frasi latine con la costruzione inversa.

25 – La congiunzione «e».

La congiunzione italiana e si può tradurre in latino: 1) con et; 2) con atque; 3) con ac, se la parola che segue non comincia per vocale o per h; 4) con –que unita alla fine della parola che segue (enclitica). Es.: L’Italia e Roma = 1) Italia et Roma; 2) Italia atque Roma; 3) Italia ac Roma; 4) Italia Romaque.

26 – Complemento di vantaggio o svantaggio.

Risponde alla domanda: a favore di chi? a danno di chi?

Indica la persona, l’animale o la cosa a favore o a danno della quale avviene qualche cosa.

È preceduto dalla preposizione «per» o dalle locuzioni «a vantaggio di…, a danno di…».

IN LATINO va in caso dativo. Es.: La casa è stata edificata per il padrone, non per i topi = Domus domino, non muribus aedificata est.

27 – Complemento di materia.

Risponde alla domanda: di che? di che cosa?

Indica di quale sostanza è fatta una cosa.

È costituito da un sostantivo preceduto dalle preposizioni «di, in».

IN LATINO va in ablativo preceduto da «e, ex, de», oppure si può risolvere nell’aggettivo corrispondente, concordato. Es.: C’erano colonne di marmo = columnae ex marmore, oppure columnae marmoreae erant.

28 – Complemento di tempo determinato.

Risponde alla domanda: quando? in che tempo?

Indica il momento (epoca, giorno, data, ecc.) in cui avviene l’azione. È preceduto dalle preposizioni «in, di, a» oppure dal solo articolo.

IN LATINO va in ablativo semplice. Es.: In autunno gli agricoltori raccolgono l’uva = autumno agricolae uvam legunt. – Arrivai il giorno dopo = postero die perveni.

29 – Complemento di tempo continuato.

Risponde alla domanda: per quanto tempo?

Indica la durata di un avvenimento.

È preceduto o no dalla preposizione «per».

IN LATINO va in accusativo con o senza «per». Es.: Combatterono per molte ore = (per) multas horas pugnaverunt.

30 – Complemento di limitazione.

Risponde alla domanda: in che cosa? in quanto a che cosa?

Indica sotto quale aspetto o entro quali limiti si deve restringere il concetto espresso da un verbo, da un aggettivo, da un sostantivo.

È introdotto dalle preposizioni «in, per, di, a, da» o dalle locuzioni «(in) quanto a…, in fatto di…, rispetto a…».

IN LATINO va in ablativo senza preposizione. Es.: Aristide superava tutti per integrità = Aristides omnes abstinentia superabat.

31 – Complemento di argomento.

Risponde alla domanda: su chi? su che cosa? intorno a chi (a che cosa)?

Indica la persona, l’animale o la cosa su cui si parla o si scrive.

È introdotto dalle preposizioni «di, su», oppure da «intorno a…, a proposito di… riguardo a…».

È retto da verbi o sostantivi che implicano l’idea di scrivere, parlare, discutere, trattare, riferire.

IN LATINO va in ablativo con «de». Il titolo di un libro o di un racconto si può tradurre anche col nominativo. Es.: Cicerone scrisse un libro sulla vec­chiaia = Cicero librum de senectute scripsit. – II lupo e l’agnello = lupus et agnus.

32 – Dativo di possesso.

Il verbo «avere» italiano, quando esprime possesso, spesso si traduce in latino con il verbo esse. La cosa posseduta diventa soggetto del verbo esse e il possessore si traduce in caso dativo. Es.: (Io) ho la consuetudine = a me è la consuetudine = mihi consuetudo est. Questo dativo di possesso si usa soprattutto con i sostantivi astratti.

33 – Complemento d’agente.

Risponde alla domanda: da chi?

Indica la persona o l’animale da cui è fatta l’azione.

È usato in proposizioni col verbo al passivo ed è preceduto dalla preposizione «da», semplice o articolata.

IN LATINO va in ablativo preceduto dalla preposizione «a» (se segue una consonante), ab (se segue una vocale o h). Es.: Giulio è lodato dal padre = lulius a patre laudatur. – Il carro era trainato dal cavallo = currus ab equo trahebatur.

34 – Complemento di causa efficiente.

Risponde alla domanda: da che cosa?

Indica l’essere inanimato da cui è effettuata l’azione.

È usato in proposizioni col verbo al passivo ed è preceduto dalla preposizione «da».

IN LATINO va in ablativo semplice. Es.: La terra è illuminata dal sole = terra sole collustratur.

35 – Complemento predicativo del soggetto (o doppio nominativo).

È un aggettivo o un sostantivo, grammaticalmente riferito al soggetto, che completa però il senso del predicato verbale. Si ha con:

1) verbi intransitivi che ricevono dal compl. predicativo una aggiunta di si­gnificato, come stare, divenire, riuscire, rimanere, vivere, nascere, morire. Es.: Sacrate visse povero.

2) verbi di forma passiva, di cui completano il significato, e cioè:

  1. verbi appellativi, come: sono detto, sono chiamato, sono ritenuto;
  2. verbi elettivi, come: sono eletto, sono creato, sono dichiarato’,
  3. verbi estimativi, come: sono stimato, sono giudicato, sono creduto;
  4. verbi effettivi, come : sono fatto, sono reso.

Es.: Il generale tornò vittorioso. – Cicerone fu fatto console. – Socrate fu giudicato sapientissimo.

IN LATINO va in caso nominativo. Es.: Socrates sapientissimus iudicatus est.

Concorda col soggetto, se è un aggettivo, in genere, numero e caso; se è un sostantivo, sempre nel caso’, in genere e numero se possibile. Anche nella proposizione infinitiva esso si concorda col soggetto e quindi va in caso accusativo. Es.: Dico che Cicerone fu fatto console = dico Ciceronem consulem creatum esse.

Vedi anche il n. 15 e il n. 42.

36 – Complemento predicativo dell’oggetto (o doppio accusativo).

È un aggettivo o un sostantivo che grammaticalmente si riferisce al complemento oggetto, ma completa il senso del predicato verbale. Si ha con gli stessi verbi che, al passivo, hanno il complemento predicativo del soggetto, e cioè:

  1. verbi appellativi, come: chiamo, dico, dichiaro;
  2. verbi elettivi, come: nomino, eleggo, creo;
  3. verbi estimativi, come: stimo, giudico, reputo;
  4. verbi effettivi, come: faccio, rendo, riduco.

Es.: L’oracolo giudicò Sacrate sapientissimo. – L’occasione fa l’uomo ladro.

IN LATINO va in caso accusativo. Es.: Oraculum Socratem sapientissimum iudicavit.

Vedi anche il n. 15.

37 – Complementi di luogo (con nomi propri di città, piccola isola, villaggio).

Stato in luogo: ablativo semplice, esclusi i sostantivi della I e II declinazione singolari che vanno nel caso locativo (= genitivo). Es.: A Napoli, a Siracusa, a Pozzuoli, a Cipro, a Roma ci sono templi = Neapoli, Syracusis, Puteolis, Cypri, Romae templa sunt.

Moto a luogo: accusativo semplice. Es.: Vado a Roma e a Napoli = Romam et Neapolim eo.

Moto da luogo: ablativo semplice. Es.:  Vengo da Atene = Athenis venia.

Moto per luogo: per e accusativo. Es.: Marciò attraverso Tebe = per Thebas iterfecit.

N.B. – II nome proprio di città, piccola isola, villaggio, se è unito a un appel­lativo come urbs, oppidum, vicus, insula, segue la regola dei nomi comuni. Es.: Siamo nella città di Roma = in urbe Roma sumus.

38 – Proposizioni finali.

La proposizione finale indica il fine o lo scopo per cui avviene l’azione espressa dal verbo della proposizione reggente.

In italiano è introdotta in forma esplicita da affinchè, perché, onde, ecc. e il con­giuntivo; in forma implicita da per, al fine (scopo) di, onde e l’infinito presente.

IN LATINO si traduce normalmente con ut e il congiuntivo presente se il verbo reggente è presente o futuro; col congiuntivo imperfetto se il verbo reggente è un tempo passato.

Se in italiano c’è l’infinito, conviene trasformare l’espressione da implicita in esplicita, sostituendo all’infinito affinchè e il congiuntivo.

Esempi:

Venite per vedere i giochi = venite affinchè vediate i giochi = venitis ut videatis ludos.

Veniste per vedere i giochi = veniste affinchè vedeste i giochi = venistis ut videretis ludos.

In frase negativa, invece di ut non si usa ne. Es.: Mi allontanai per non udirlo = Abii ne eum audirem.

Altri modi di rendere in latino la proposizione finale:

Vennero per vedere i giochi =

  1. Venerunt qui viderent ludos (pronome relativo);
  2. Venerunt ad videndos ludos (gerundivo);
  3. Venerunt visum ludos (supino, in dipendenza da verbo che esprime moto);
  4. Venerunt videndi ludos causa (causa o gratia e il genitivo del gerundio);
  5. Venerunt videndorum ludorum causa (causa o gratià e il gerundivo);
  6. Venerunt visuri (o videntes) ludos (participio futuro o presente: modo non clas­sico).

Nota

La negazione nelle finali sta sempre nella congiunzione, per cui rispetto all’italiano si ha che:

affinché nessuno (pron.) non è ut nemo ma ne quis
affinché nessuno (agg.) ut nullus ma ne ullus
affinché niente non è ut nihil ma ne quid

affinché non mai non è ut numquam ma ne umquam
affinchè in nessun luogo
non è ut nusquam ma ne usquam.

Ut nemo, ut nihil, ecc. si usano invece nelle proposizioni consecutive.

39 – Proposizioni interrogative dirette.

a) Le proposizioni interrogative dirette semplici sono proposizioni indipendenti espresse sotto forma di domanda. Sono introdotte da un pronome interrogativo (chi? = quis?; quale dei due? = uter?, ), da un aggettivo interrogativo (quale? = qui?; quanto grande? = quantus?, ecc.), o da un avverbio interrogativo (come? = quomodo?’, perché? = cur?; quando? = quando?, ecc.).

b) IN LATINO, se non c’è nessuna di queste voci espressamente interroga­tive, si deve usare una delle seguenti particelle:

nonne (= forse che non…? non è vero che…? non… forse…?): introduce un’interrogazione retorica che propende al sì.

Esempio :

Non è forse il cane simile al lupo? = Canis nonne lupo similis est? (= sì, il cane è simile al lupo)

num (= forse…? forse che…?): introduce un’interrogazione retorica che pro­pende  al no.

Esempio :

Conosciamo forse il futuro? = Num futura cognoscimus? (= no, non conosciamo il futuro)

-ne: introduce una vera e propria domanda, senza propensione al o al no; si unisce come enclitica alla parola su cui cade l’interrogazione.

Esempio :

È arrivato Antonio? = Venitne Antonius?

c) Le proposizioni interrogative dirette doppie o disgiuntive sono pro­posizioni indipendenti espresse sotto forma di domanda che pone più alter­native.

IN LATINO, nella prima si può mettere utrum o -ne (encl.) o nessuna particella; nelle successive invece si deve mettere an.

Esempi :

Questo l’hai detto a Cesare o ad An­tonio? = Utrum Caesari an Antonio haec dixisti?

Non conoscete il nemico, o me, o voi stessi? = Hostem (opp. utrum hostem, opp. hostemne), an me, a